I congedi biennali retribuiti

I congedi retribuiti biennali sono stati previsti originariamente dalla Legge n. 388 del 2000 (art. 80, comma 2), poi dal Decreto Legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, fino ad essere rivisti profondamente con il Decreto Legislativo n. 119 del 18 luglio 2011 per ciò che concerne i soggetti aventi diritto e le modalità di accesso all’agevolazione.

A chi spettanoIl d.lgs 119/2011, conferma come soggetti beneficiari:

– Il coniuge convivente

– il genitori (padre o madre) , anche adottivi e anche non conviventi, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente

– i figli conviventi, nel caso in cui tutti i soggetti menzionati (sia coniuge convivente che entrambi i genitori) manchino, siano deceduti o affetti da patologie invalidanti

– i fratelli e sorelle conviventi,i soggetti sempre che tutti soggetti di cui sopra manchino, siano deceduti o affetti da patologie invalidanti

e fissa, nello stesso tempo, condizioni diverse di priorità nell’accesso ai congedi.

Ancor più recentemente è intervenuta la Corte Costituzionale che con sentenza n. 203 del 18 luglio 2013, ha aumentato i beneficiari, prevedendo, in casi particolari, anche il diritto al congedo di parenti ed affini fino al terzo grado.

Il primo beneficiario è il coniuge, il diritto degli altri beneficiari scatta solo in caso di mancanza, decesso o grave patologia invalidante di chi precede.
L’ordine di priorità è dunque il seguente: coniuge, genitori, figli, fratelli e sorelle, parenti ed affini entro il terzo grado. Quest’ultimi possono beneficiare dei congedi solo se gli altri parenti (coniuge, figli, genitori, fratelli) sono mancanti, deceduti o anch’essi invalidi.

E’ condizione indispensabile l’assenza di ricovero della persona disabile per cui si chiede il congedo retribuito, fatte salve alcune eccezioni.

Non si deve confondere col congedo straordinario il c.d. congedo parentale che è l’agevolazione spettante ai genitori fino all’ottavo anno di età del bambino e consta nella possibilità di astenersi dal lavoro per 10 mesi entro i primi 8 anni appunto. Tale congedo è retribuito con un’indennità pari al 30% della retribuzione fino a sei mesi , oltre i sei mesi l’indennità spetta solo se l’interessato non supera stabiliti livelli reddituali personali. Se il bambino di cui si parla è però affetto da disabilità grave ai genitori spettano ulteriori agevolazioni consistenti nel prolungamento del congedo parentale. Entrambi i genitori, alternativamente, possono beneficiare del prolungamento del congedo parentale per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di normale congedo parentale, di tre anni da godere entro il compimento dell’ottavo anno di vita dello stesso. Il prolungamento decorre a partire dalla conclusione del periodo di normale congedo parentale fruibile dal genitore richiedente. In tali casi, per tutto il periodo, l’indennità economica è pari al 30% della retribuzione.

La condizione di handicap

Condizione essenziale per fruire del congedo retribuito biennale è che la persona disabile sia stata riconosciuta come persona con handicap grave (articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992).
Non sono ammesse, ad eccezione che per i grandi invalidi di guerra e i soggetti con sindrome di Down, altri tipi di certificazioni come ad esempio il certificato di invalidità totale con diritto all’indennità di accompagnamento o frequenza.
Di conseguenza chi non ha il certificato di handicap deve avviare la procedura di accertamento presentando domanda all’INPS.
Nell’ipotesi in cui il certificato di handicap grave venga revocato nel corso del congedo retribuito, il beneficio decade immediatamente. Allo stesso modo, il congedo biennale non può essere concesso per un periodo che superi l’eventuale termine di validità del certificato di handicap.

Altri requisiti

Condizione essenziale per avere diritto ai congedi biennali retribuiti è che il disabile non sia ricoverato a tempo pieno.
Tuttavia sono previste delle eccezioni (art. 42 d.lgs 151/2001, così come riformulato dal d.lgs 119/2011)
Il diritto al congedo spetta in caso di ricovero a tempo pieno se la presenza del familiare sia richiesta dalla struttura sanitaria in cui il disabile è ricoverato.
Pur non essendo previsto espressamente dalla legge, la prassi degli Istituti previdenziali è nel senso di non concedere il congedo retribuito se il disabile sia egli stesso lavoratore. Con circolare Inps n.64 del 15 marzo 2001, (al punto 3) si legge: “Lo spirito e le finalità della legge, invece, escludono che il beneficio in argomento sia concedibile se la persona handicappata da assistere presti, a sua volta, attività lavorativa nel periodo di godimento del congedo da parte degli aventi diritto (…).”. Lo stesso ha stabilito l’Inpdap con circolare n.31 del 12 maggio 2004.
Recentemente però la direzione generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, mediante risoluzione n.30 del 6 luglio 2010, ha affermato che la necessità o meno di assistenza, per il periodo di svolgimento dell’attività lavorativa da parte del disabile, andrebbe valutata caso per caso, e che è conforme allo spirito della normativa porre, a priori, un limite al godimento del congedo da parte di colui che assiste il familiare disabile.

La convivenza

Il requisito della convivenza è essenziale solo nel caso il congedo retribuito sia richiesto dal coniuge, dai fratelli, dalle sorelle o dai figli della persona con handicap grave. Non è necessario se il beneficio è chiesto dai genitori del disabile grave.
Circa il concetto di convivenza , con Circolare del 18 febbraio 2010, Prot. 3884, il Ministero del Lavoro ha chiarito che “… si ritiene giusto ricondurre tale concetto a tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile che il soggetto che lo assistite abbiano la residenza nello stesso Comune, riferita allostesso indirizzo: stesso numero civico anche se in interni diversi.
Se dunque i lavoratori non possono dimostrare ( con il certificato di residenza ) di abitare presso lo stesso numero civico del familiare da assistere non possono accedere al congedo biennale.

Durata del congedo retribuito

Il congedo retribuito non può superare la durata globale di due anni per ogni persona portatrice di handicap grave e nell’arco della vita lavorativa (art. 42, comma 5 bis, del Decreto Legislativo n. 151/2001, nella più recente formulazione).
Inoltre, l’Inps ha precisato che in presenza di più figli portatori di handicap non è possibile per lo stesso lavoratore godere del “raddoppio” dei congedi.
In pratica il lavoratore che ha già usufruito del congedo non retribuito, non può avvalersi anche del congedo biennale retribuito; ugualmente, il lavoratore che deve assistere due o più familiari con handicap grave non può fruire del raddoppio e cioè di quattro anni di astensione retribuita.

Frazionabilità del congedo

E’ ammesso il frazionamento fino alla giornata intera, mentre non è ammesso il frazionamento ad ore.
Si precisa che in caso di frazionamento in settimane o in giornate, vengono computati anche i giorni festivi nel caso in cui non vi sia effettiva ripresa del lavoro, nella prima giornata lavorativa successiva. Un esempio: una frazione del congedo viene fruito dal lunedì al venerdì; il sabato e la domenica non si lavora: se il lunedì, lavorativo, non si rientra in servizio effettivo (ferie, altri permessi …), vengono computati nel “monte” dei due anni anche il sabato e la domenica o gli altri giorni festivi.

Cumulabilità fra permessi e congedi

Il congedo retribuito, come pure i permessi di cui articolo 33, comma 3, della Legge 104/1992 non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona. Si parla a tal proposito del principio del referente unico.
L’articolo 42, comma 5 bis, prevede un’eccezione nel caso dei genitori. In pratica per assistere il figlio con handicap, il diritto al congedo è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne a turno. Però, negli stessi giorni in cui si fruisce del permesso, l’altro genitore non può fruire dei (tre) giorni di permesso di cui alla Legge 104, né del congedo parentale frazionato, art. 33 (tre anni fino al compimento dell’ottavo anno di età).

La retribuzione

L’articolo 42, comma 5 ter, del D.lgs n. 151/2001 prevede che durante il congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento; inoltre il periodo di congedo è coperto da contribuzione figurativa.
In ogni caso l’indennità e la contribuzione figurativa competono fino a un importo massimo che viene rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
L’indennità viene corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità.
Nel mentre si fruisce del congedo retribuito non maturano né le ferie, né la tredicesima mensilità, né il Tfr (art.42, comma 5 quinquies d.lgs 151/2001)

Presentazione della domanda

Per beneficiare del congedo retribuito il lavoratore deve presentare un’apposita domanda; a seguito della stessa ha diritto a godere del congedo entro sessanta giorni dalla richiesta.

 

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