Pertosse nei bambini: sintomi, rischi e ….. VACCINO

La pertosse, nota anche come “tosse canina”, è una malattia infettiva provocata dal batterio Bordetella pertussis. Colpisce tutte le età ma interessa soprattutto i bambini, in particolare sotto i cinque anni. È molto contagiosa e si trasmette per contagio aereo attraverso goccioline di saliva emesse con i colpi di tosse, gli starnuti o semplicemente parlando.

Se non compaiono complicazioni, la pertosse guarisce in circa un paio di mesi. Inizialmente si manifesta con raucedine, raffreddore e tosse notturna che impedisce il riposo. In genere non c’è febbre.

Dopo due settimane circa, la tosse diventa convulsiva e ostinata, intralciando la respirazione e la deglutizione. Dopo un attacco di tosse convulsa, che può arrivare fino a 15 colpi, segue una profonda inspirazione rumorosa. Tale suono, che somiglia a un urlo, è dovuto all’ostruzione catarrale delle vie aeree. A volte compare vomito.

Ancora dopo due settimane inizia la fase di convalescenza, in cui gli attacchi di tosse diminuiscono e il bambino si riprende gradatamente.

Fino agli anni Novanta, si contavano in Italia circa 13 mila casi di pertosse all’anno. La diffusione della vaccinazione ha ridotto il numero dei casi, che intorno al 2009-2010, risultava intorno al migliaio all’anno.

Tuttavia, negli ultimi anni le coperture vaccinali stanno diminuendo e, secondo gli esperti, questo rende conto di un aumento dei ricoveri ospedalieri di lattanti proprio per pertosse.

La pertosse è una malattia molto pericolosa nei bambini con meno di un anno perché può determinare complicanze gravi con danni invalidanti e permanenti. In media, nel 20% dei casi di pertosse è necessario il ricovero.

Tra le complicazioni più frequenti si possono avere: emorragie dal naso provocate dai colpi di tosse, otite media, polmoniti e broncopolmoniti (un caso ogni 20), encefalopatie (uno-due casi ogni 1000). La mortalità è di uno-due casi su 1000, quasi sempre in bambini sotto l’anno di età, ed è provocata da polmonite o encefalite.

Il vaccino contro la pertosse esiste già dagli anni Quaranta sotto forma di vaccino cellulare, cioè contenente il batterio intero. Negli anni Novanta è stato introdotto invece il vaccino acellulare, che contiene solo alcuni “pezzi” del batterio responsabile della malattia, cioè quelli necessari a risvegliare il sistema immunitario. Il nuovo vaccino ha meno effetti collaterali.

Viene in genere combinato con quello contro difterite e tetanooppure nel preparato esavalente che copre ben sei diverse infezioni.

Il vaccino ha un’efficacia dell’85% circa, che si riduce ulteriormente col passare del tempo, per cui i richiami previsti sono necessari. Anche quando la copertura non è totale, la pertosse nei vaccinati si presenta in forma più lieve che nei non vaccinati.

Possono essere vaccinati tutti i bambini sotto l’anno di vita: sono previsti tre appuntamenti per tre dosi, al terzo, quinto e dodicesimo mese. Si effettuano due richiami successivi: a sei anni e a 14 anni. Un richiamo di difterite-tetano-pertosse è consigliato, nell’adulto, ogni 10 anni.

Il vaccino è controindicato per coloro che sono gravemente allergici a uno dei componenti o che sono affetti da una malattia acuta, grave o moderata. In caso di disturbi neurologici, si procede solo se questi sono stabilizzati e se la causa degli stessi è nota.

La metà dei bambini ha reazioni lievi (febbre o arrossamento locale) che scompaiono nel giro di 48 ore. Nel caso del vaccino combinato difterite-tetano-pertosse, la dose che provoca più effetti collaterali è quella che si somministra a sei anni.

In uno-due casi ogni 10mila si manifestano convulsioni febbrili, in un caso su un milione shock anafilattico. Va detto però che in genere i centri vaccinali sono ampiamente attrezzati per far fronte all’emergenza, nel caso in cui si dovesse manifestare.

Alcuni gruppi contrari alle vaccinazioni hanno messo in relazione il vaccino antipertosse con la Sids (la cosiddetta morte in culla) e l’insorgenza di epilessia. Ciò si riferiva al vecchio vaccino cellulare e non a quello acellulare attualmente in uso, ma anche in quel caso gli esperti non hanno trovato alcuna dimostrazione di un collegamento tra tali eventi, anche se molti siti lo riportano come assodato.

Come si possono proteggere i lattanti sotto i tre mesi, che non possono ancora essere vaccinati?
La strategia che tutti gli organismi internazionali, dall’Organizzazione mondiale della sanità alla Global Pertussis Initiative, ritengono più efficace per proteggere i piccolissimi non ancora vaccinati è la vaccinazione delle mamme in attesa nell’ultimo trimestre di gravidanza. Vaccinandosi, la mamma non solo protegge sé stessa, ma passa la protezione al suo neonato. Questa strategia è già attuata in alcuni paesi (Argentina, Israele, Nuova Zelanda, Regno Unito, Stati Uniti).

 

Fonti per questo articolo: Portale istituzionale Vaccinarsi.org; Sito web Epicentro, dell’Istituto superiore di sanità.

 

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