Vaccino per la difterite: cosa è e cosa si rischia

La difterite è una grave malattia infettiva provocata da una tossina, ovvero una sostanza tossica prodotta da un ceppo di batteri che si trasmettono per via aerea. Si manifesta con mal di gola, febbre di media intensità e ingrossamento delle ghiandole del collo.

Sulla parete interna della faringe i batteri, moltiplicandosi, possono formare una membrana di colore giallo-grigio che, se non rimossa, può soffocare il malato. La tossina prodotta si diffonde attraverso il sangue e può provocare paralisi del muscolo e, soprattutto, lesioni cardiache e ai reni. Nel 5-10% dei casi la malattia è mortale, ma molto spesso chi guarisce riporta comunque dei danni al cuore, ai reni e al sistema nervoso.

La vaccinazione antidifterica è stata introdotta nel secondo dopoguerra. Prima di allora si contavano in Italia decine di migliaia di casi l’anno e circa 1.000 morti. La malattia è diventata rara da circa quarant’anni proprio per effetto della vaccinazione estesa a tutta la popolazione.

Il vaccino antidifterico è costituito da una tossina resa innocua attraverso alcune reazioni chimiche che però non intaccano la capacità della tossina stessa di attivare il sistema immunitario e di generare anticorpi (con lo stesso meccanismo con cui funziona il vaccino antitetanico con il quale viene somministrato, a volte anche in associazione con quello per la pertosse). Inoltre il vaccino antidifterico fa parte anche del vaccino esavalente offerto da alcune ASL per ridurre il numero delle iniezioni.

Vanno vaccinati tutti i bambini nel corso del primo anno di vita, gli adulti che non si sono mai vaccinati e chi viaggia in una zona dove la difterite è endemica. Non possono essere vaccinati, invece, i bambini con reazioni allergiche gravi alle componenti del vaccino o bambini con disturbi neurologici non stabilizzati o da causa ignota. Inoltre in caso di malattia acuta grave o moderata è meglio rimandare fin dopo la guarigione.

Il ciclo di base è costituito da tre dosi di vaccino, da praticare entro il primo anno di vita. Si esegue un richiamo a 6 e a 14-16 anni. Come per il tetano, l’immunità non è garantita per tutto l’arco della vita: sarebbe opportuno fare un richiamo di questi due vaccini ogni 10 anni. Se passano molti anni dalla vaccinazione senza che siano stati effetuati i richiami, a volte è necessario ripetere tutto il ciclo anche da adulti (cioè tre dosi nell’arco di un anno).

La metà dei bambini vaccinati non mostra effetti collaterali. Un terzo dei piccoli presenta febbre. Nel 20% dei casi si manifesta rossore, dolore e gonfiore nel punto di iniezione, che scompaiono in 48 ore ma possono essere più intense nelle dosi successive alla prima.

Quattro bambini su dieci lamentano dolore al braccio quando viene effettuato il richiamo all’età di sei anni: in alcuni casi l’arto può gonfiarsi anche notevolmente ma si tratta di una reazione benigna, che si tiene a bada con impacchi freddi e paracetamolo per ridurre il dolore.

Può comparire febbre: in tal caso è bene far bere il bambino, non coprirlo troppo e somministrare paracetamolo sopra i 38 °C. In ogni caso, la febbre non dovrebbe protrarsi oltre le 48 ore: in caso contrario è bene chiamare il medico poiché potrebbe trattarsi di un’altra infezione non legata alla vaccinazione.

In 1-2 casi su 10mila si manifestano effetti collaterali più gravi come convulsioni legate alla febbre alta. Lo shock anafilattico colpisce in un caso ogni milione di vaccinati.

Fonti: le informazioni sull’efficacia e le indicazioni dei vaccini, e i dati epidemiologici contenuti nelle schede informative sui singoli vaccini sono basati su documenti ufficiali dell’Istituto superiore di sanità e dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta (USA)

 

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