SOFOSBUVIR: il nuovo farmaco salva-fegato

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Uccide ogni anno quasi un milione e mezzo di persone. Come l’Aids, ma con meno clamore. A metà luglio 2014 l’Agenzia italiana del farmaco ha deciso, in occasione della riunione straordinaria del Comitato prezzi e rimborso (Cpr), di fornire da subito e gratuitamente per i casi più gravi il nuovo farmaco contro l’epatite C, il Sofosbuvir, in grado d’interferire con la replicazione del virus, permettendone l’eliminazione in oltre il 90% dei casi

L’epatite virale è un’epidemia globale silenziosa che, secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), colpisce centinaia di milioni di persone, spesso inconsapevoli della malattia, priva di sintomi e a lungo latente prima di manifestarsi in forma cronica con cirrosi o cancro al fegato. “A differenza dell’Hiv, è una patologia spesso dimenticata”, sostengono gli esperti dell’Oms.

Il Sofosbuvir è un farmaco antivirale che inibisce la Rna polimerasi, un enzima che il virus dell’epatite C (Hcv) usa per la sua replicazione. Si tratta di un farmaco efficace per il trattamento dell’infezione cronica da Hcv, che agisce specificamente su questo virus. Naturalmente, lo possiamo considerare un farmaco salvavita per un numero limitato di pazienti, ma anche un farmaco utilissimo per un’ampia proporzione di persone infette con epatite cronica. Stabilire priorità nell’accesso alla terapia è quindi fondamentale.

Il farmaco, autorizzato dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema), può essere già prescritto, nell’ambito di un programma di uso compassionevole, dai centri trapianto ai pazienti con epatite C in lista d’attesa per un fegato nuovo, o già trapiantati. Condizioni cliniche che richiedono un trattamento urgente e non consentono di attendere la definitiva autorizzazione nazionale, che richiederà ancora alcuni mesi. I pazienti che ricevono il trattamento per uso compassionevole sono circa 400.

Intanto, le trattative tra il ministero della Salute e la ditta produttrice per la definizione del prezzo di vendita sono state prorogate fino al 29 settembre. Il principale ostacolo all’utilizzo su ampia scala del nuovo farmaco è, infatti, rappresentato proprio dal costo elevato della terapia. L’Europa, che conta circa 4 milioni di portatori di epatite C, ha deciso di fare fronte comune e chiedere all’azienda americana Gilead, detentrice del brevetto, di abbassare il prezzo fissato negli Usa alla fine del 2013. Ogni pillola costa, infatti, circa 600 euro e per un ciclo completo di 12 settimane ne occorrono oltre 60mila. “Si tratta di un prezzo molto elevato che compromette i nostri bilanci sanitari”, recita una dichiarazione congiunta promossa dalla Francia e indirizzata a Bruxelles affinché intervenga per calmierare il prezzo del trattamento. A firmarla quindici Paesi dell’Ue, tra i quali l’Italia, dove l’epatite rappresenta uno dei maggiori problemi di salute pubblica.

Il nostro Paese, secondo l’Oms, ha il primato europeo di persone infettate dal virus dell’epatite C e quello di mortalità per tumore al fegato. Tra i portatori ci sono non meno di 330 mila pazienti con cirrosi. Più di 20mila persone muoiono ogni anno per malattie croniche del fegato e nel 65% dei casi, quindi circa 13mila l’anno, l’epatite C risulta causa unica o concausa dei danni epatici. Secondo l’Istat, inoltre, ogni anno sono circa 4mila le nuove diagnosi di epatocarcinoma, la metà delle quali è causata dal virus dell’epatite C, e circa il 20% dal ceppo di tipo B.

 “Stiamo lavorando per assicurare gratis le nuove cure contro l’epatite C a chi è affetto da questa grave malattia – ha dichiarato nei giorni scorsi il ministro Lorenzin -. Il sistema sanitario dovrebbe farsene carico, ma in questo momento si sta ancora trattando sul prezzo”. Certamente, il costo è molto elevato, anche se bisogna considerare in parte l’investimento fatto dall’industria in termini di ricerca e sviluppo. È altrettanto chiaro, però, che il farmaco va dato innanzitutto, in tempi stretti, a chi ne ha più bisogno, per poi allargare la disponibilità alle persone che ne potrebbero trarre vantaggio, anche se con meno urgenza. In quest’ultimo caso, crediamo che potrebbe abbassarsi il prezzo. Allo stesso tempo, bisogna considerare che nel giro di pochi mesi potrebbero rendersi disponibili altri antivirali efficaci, un po’ com’è successo per l’Hiv. A quel punto, la fine del monopolio potrebbe comportare di per sé un abbassamento dei prezzi. In queste occasioni si ritiene che ci debba essere molto equilibrio. Si ritiene – infine – che ci debba essere il diritto al guadagno da parte di chi tanto ha investito, pena la mancanza di futuri investimenti, ma anche il diritto alle cure da parte dei cittadini, per ribadire un forte ruolo da parte della sanità pubblica.

 

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